Cinquecento
Gianni Vannini
Lo chiamavano Cinquecento,
era il figlio del padrone della Fiat.
Un ragazzo dal cuor contento:
dove andava ti portava l'allegria.
Ere un tipo davvero in gamba
con la stessa vocazione di papà.
L'han trovato tagliato a pezzi come un bue,
con la testa divisa in due.
Quattro giorni dopo il delitto
gli inquirenti hanno arrestato un manovale.
Era un tipo molto sospetto:
una volta aveva offeso un cardinale.
Gli hanno dato trent'anni e un mese
però dopo ne hanno condonati tre.
La giustizia come sempre infine trionfò
e la collera si placò.
E passarono quindici anni
da quel giorno che la Corte sentenziò
quando un certo Cerù Giovanni
poco prima di morire confessò:
"Per vent'anni io fui l'amante
della moglie del padrone della Fiat
ed il padre del ragazzo sono proprio io:
Cinquecento era figlio mio!"
E la moglie dell'industriale
alla fine fu costretta a confermare,
l'avvocato del manovale
disse: "Adesso è tutto quanto da rifare!"
E anche il giudice fu d'accordo
quindi assolse prontamente l'imputato.
Cinquecento, adesso è chiaro,
non c'è dubbio ormai,
è finito sotto il tranvai.