CRONACA DALL'ALDILA'

Lucilla Gattini

Desiderio o sogno....

Nel cielo oltre il cielo non ci sono stagioni – tutti lo pensano - non si soffrono i crudi rigori del freddo, le estenuanti calure estive, i brividi e il sudore. Non si attende trepidando il ritorno della primavera perché i fiori perennemente abbondano sull'incerto suolo di nuvole soffici, ignare della fatica di passi umanamente stentati. Ma non è proprio così. Sicuramente non esiste il dolore, ognuno è libero dagli affanni patiti sulla Terra; le insicurezze, le paure, la fame insoddisfatta, le ansie implacabili, la collera, la noia e le insonnie, le sofferenze di corpi fragili, sono concetti vuoti di senso e neppure sussiste un pallido ricordo dei tradimenti e degli abbandoni, della malinconia e dei rimpianti né dell'irsuta difficoltà di comunicare e di proteggere l'amore. Ma tutto ciò che accade nel nostro mondo lì è percepito e vissuto.

In quell'alba di luglio si avvertivano nettamente le onde afose che esalavano dall'emisfero boreale quando tutte le anime vaganti si voltarono blandamente interessate a sogguardare il tunnel che si andava aprendo tra gli ovattati filamenti bianchi. Il pulviscolo di luce sempre più chiaro lo annunciava inequivocabilmente, il nuovo ospite in arrivo giungeva dal mare, c'era profumo di pini e di salsedine, impalpabile eco di gabbiani e un sussurro discreto di brezza sabbiosa. E poi quel fruscio che riempiva l'aria di palpiti dimenticati, lo sgocciolare sconsolato ogni volta uguale per tutti, triste ma talmente importante che nelle rarissime circostanze in cui è assente gli abitanti del cielo provvedono a crearlo: nessuna creatura può uscire dalla propria vita senza venire pianta, ognuno dovrebbe portare con sé le lacrime di chi lo ha amato, irrinunciabile tributo di affetti orfani.

Quando il viaggiatore apparve sembrò stupito, forse di trovare quello spazio oppure di non udire arpe suonare e cori angelici, ma proseguì con aria calma, gentile e candida punteggiata da barlumi di ammiccante ironia, avanzava e più la sua immagine assumeva contorni sfumati più si dissolvevano la zavorra e gli afrori degli ultimi eventi sopportati laggiù, fino a che rimase solo un senso di morbida forza, una fragranza di pane fresco e lo sguardo raggiante di occhi teneramente ambrati. Poi improvvisamente accadde un fatto piuttosto frequente lassù: insieme al consueto stuolo di presenze che affluivano fluttuando per ricevere chi avevano conosciuto e preceduto, ne giunsero altre, scalpiccianti su quattro zampe, che si affollarono intorno a lui senza poter nascondere un retaggio di carnale irruenza e uno svolazzare di peli, baffi, code. Apparve Diana, la prima amica dell'infanzia che abbaiava minacciosa e gli leccava le sbucciature di bambino, Febo, l'alano arlecchino di sua madre, sordo e pacifico, la mastina napoletana Lola che inconsapevole della propria mole ingombrava amabilmente lo studio di scultura, e Silvestro micione soriano a lungo stanziato nella medesima residenza trasteverina. Il gatto soprannominato Portiere per il vezzo di starsene sulla colonna del cancello. Strillò i suoi acuti Fuffi, e Rocco corse sfrenatamente nello splendore ritrovato di giovane setter, ma si fecero tutti da parte quando un bolide peloso bianco e nero con un balzo circense si avventò su di lui. Gli leccò la faccia come d'uso perché gli voleva bene ma poi il lucido naso nero si mise a fremere e in quella bruma rarefatta dove le parole sono onde e appartengono a tutti vibrò chiaramente una sola precisa domanda: “Lei, dov'è?” Intorno a loro si era creato un vuoto rispettoso ma, mentre si allontanavano insieme, ai sensi apparentemente distratti delle sfumate presenze giunse ugualmente la risposta. ”E' rimasta giù, non è ancora il suo tempo. Si è disperata tantissimo quando ti ha perso e pensa sempre a te. Adesso sta proprio male, in poco tempo amori molto importanti l'hanno lasciata e stanotte sono partito anch'io, non sa come scacciare tanta sofferenza ma ce la farà, sorriderà ancora, avrà curiosità e gioia, a lungo spero… Poi arriverà anche lei, qui non c'è fretta, sappiamo aspettare. Verrà, stai certa che verrà.”


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