Buon Natale Zinaida Pavlovna

Gabriele Poli

Tra i vecchi vicoli di Pietroburgo, con i suoi novantatré anni disseminati nelle rughe del viso e 87 rubli di pensione, vive Zinaida Pavlovna. In due stanze piccole coabitate da altri inquilini poveri come lei, quasi sempre ubriachi ma in fondo di buon cuore, trascorre gli ultimi anni della sua esistenza. L'unico visitatore sempre atteso  è la morte che un giorno busserà alla sua porta oppure entrerà furtiva da una delle finestre che danno sul vicolo.  Per lei il Natale non esiste più da molti anni, le sue gambe sono malferme e non può muoversi da quella stanza, eppure i suoi occhi sanno ancora brillare quando scorrono l'album di fotografie che tiene sempre sul comodino accanto al letto. Da  li' ogni notte prendono vita i fantasmi del suo passato, i volti fissati nell'attimo di un fotogramma si animano e vengono a tenerle compagnia e lei, che ormai dorme pochissimo, passa molte ore insieme a loro. Parlano di giorni lontani, persi nelle fitte maglie di un'esistenza che Zinaida ha vissuto sempre con dignità, donando molto più di quanto in questi ultimi anni le venga restituito. Ma oggi è il 24 Dicembre e qualcuno busserà tra poco alla sua porta. Si è assopita nella vecchia poltrona con la fodera scolorita, lo scaldìno tra le mani e una lacrima che le inumidisce il volto, quando un rumore di passi la scuote. L'album     e' chiuso al suo posto ed è ancora presto per le visite notturne. Ecco che bussano, qualcuno chiama il suo nome : " Zinaida Pavlovna, c'è un pacco per voi, aprite. "  Così lentamente si alza chiedendosi ancora se quella voce  è un sogno, apre ed una giovane donna avvolta in un coloratissimo vestito le sorride. Lei non parla, indietreggia e la fa entrare. Adesso il pacco   è sul tavolo dove la vecchia consuma i suoi miseri pasti. - " Buon Natale, si sieda, vedrà quante belle cose!" E così in pochi attimi prende forma una ricchezza che Zinaida Pavlovna non ha mai conosciuto: riso, lenticchie, un pezzo di salame, un po' di farina, zucchero, del vero cioccolato, biscotti, te e caffè e in fondo, piegata con cura, una coperta di lana da tenere sulle ginocchia. Zinaida  è incredula davanti a quel tesoro. La giovane donna l'abbraccia e se ne va con quel sorriso e quella tempesta di colori che hanno scaldato la stanza e la sua vita. La notte adesso  è profonda  ma lei è ancora seduta al tavolo, la fronte appoggiata sulle braccia conserte. Non dorme, ascolta. Ascolta il piccolo rumore dell'album di fotografie che sfoglia da solo le sue pagine. Quei ricordi sono così forti  che non possono rimanere racchiusi tra la carta ingiallita dal tempo. E così qualcuno tra quel frusciare di pagine riesce a saltar fuori e si siede in silenzio di fronte a lei. Da molto lontano arriva la voce, prima un bisbiglio appena, poi più chiara, inconfondibile. E Zinaida Pavlovna trema, trema perché davanti a lei c'è la madre che continua a ripetere: " non devi pensare più a lui, non cercarlo, dimentica, ricomincia a vivere." Lei si tappa le orecchie come allora, gli occhi pieni di lacrime che non riescono a scendere e le procurano un dolore acuto dentro la retina. Ma è forte , lo è sempre stata, e con un gesto calmo ma deciso prende quel pacchetto di caffè vero tra i doni sparsi sul tavolo e lo porge all'ombra che le sta di fronte. - "Sentirai che profumo, mamma,  è per te, buon Natale." Adesso davanti a Zinaida Pavlovna sta per sedersi Nikolaj Ivanovic. Prima ancora di sentirlo parlare lei ne è certa perché un movimento d'aria come un vento leggero le ha accarezzato il volto. La voce sempre bellissima sussurra: " mia cara, dolce signora, come potrai perdonare? - Ti ho invocata a lungo laggiù, sepolto dalla neve con il corpo freddo del mio cavallo accanto. Zinaida mia dolcissima, quel giorno si sono sepolti anche i miei ricordi e quando mi hanno tratto in salvo ero svuotato di tutto anche del tuo nome adorato. Poi l'ospedale, le grida dei feriti e quelle domande senza risposta. Così una notte ho scavalcato il muro e sono fuggito, ma non ero coperto abbastanza e il freddo questa volta non mi ha perdonato. Ma te, te non dovevi aspettarmi, la vita  è irripetibile, nessuno merita un tale sacrificio." Davanti a quella voce Zinaida Pavlovna    è rimasta immobile tutto il tempo, i suoi occhi cercano di penetrare l'ombra per riscoprire un volto mai dimenticato. Poi prende dal tavolo la coperta e gliela porge. -" Prendi, sussurra, per ripararti dal freddo, buon Natale amore, ero certa che saresti venuto."- " Buon Natale mia dolcissima signora"- ripete la voce ormai bisbiglio mentre un soffio leggero d'aria le sfiora i capelli. L'album seguita ad agitare le sue pagine e qualcuno ancora la raggiunge: -"Zinaida, sono io - dice la voce inconfondibile di Arina Rodjonovna, - sei rimasta sola ma siamo venuti a trovarti. È una bella notte, ti ricordi quante ne abbiamo trascorse insieme a parlare di tutto e di niente, stavamo così bene ! - Ma tu, amica cara, dimmi, come stai ? Nikolaj Ivanovic  è venuto ?- Zinaida sorride nel buio e fa un gesto bellissimo proprio come allora, si accomoda i capelli sfiorandoli appena. Arina Rodjonovna sente la sua felicità, ha capito, così la lascia al ricordo con cui non può confrontarsi. Ora è di nuovo sola al tavolo ma qualcuno si avvicina,  è una presenza che lei non riconosce ma la voce   è subito calda e amica: -" Non ci conosciamo, sono il medico che ha soccorso Nikolaj Ivanovic quella notte nel bosco vicino all'ospedale di guerra dove era ricoverato. Scusate se mi intrometto nei vostri ricordi ma devo dirvi qualcosa. Sapete ,Zinaida Pavlovna , prima di chiudere gli occhi per sempre Nikolaj Ivanovic ha ripreso conoscenza. Lo avevamo avvolto in una coperta e cercavamo di riscaldarlo pur sapendo di non avere speranza, e lui ad un tratto ha fatto un respiro profondo e mi ha guardato, ma non credo che mi vedesse. A quel punto gli ho accarezzato la fronte come ad un fratello ed è stato allora che l'ho visto sorridere. Poi afferrandomi il braccio in un balbettio confuso  è riuscito a dire qualcosa che adesso io ripeto a voi: " buona notte, - ripeteva -, buona notte mia dolce signora...."È rimasto così  a fissarmi anche dopo, quando la coperta non serviva più e neppure le mie carezze. Questo volevo dirvi, adesso vi lascio al vostro passato, buon Natale." Tra poco incomincerà ad albeggiare, il freddo ha invaso la povera stanza ma Zinaida lo avverte appena, lui la sta aspettando giù nel vicolo, sente i suoi passi nella neve ghiacciata. -" Sto scendendo, Nikolaj Ivanovic, " - dice alzandosi lentamente dal tavolo. Ora ha già aperto la porta e imbocca le scale, c'è appena un po' di chiarore ma quanti scalini, non finiscono mai. Scende piano Zinaida Pavlovna incontro alla vita che non ha vissuto, alle parole trattenute, alle carezze dimenticate, scende con un sorriso e pensa ai baci non dati, alle notti sprecate, scende sempre più debole nel gelo di un'alba dove il Natale si è dissolto in un amen. Ecco l'ultimo gradino, tra poco sarà nel tepore del suo abbraccio, ma Nikolaj Ivanovic se ne è andato, nella neve solo le sue impronte. Zinaida si trascina nella poltiglia ghiacciata fino alla strada e vorrebbe chiamarlo ma l'aria gelida la soffoca. Cade in ginocchio, il suo misero corpo si rannicchia nella neve e in un ultimo sforzo solleva la testa quanto basta per intravedere l'ombra di un uomo a cavallo che le viene incontro. Un mantello ora l'avvolge ed una sciarpa morbida ripiegata le sostiene il capo mentre l'odore di cuoio degli stivali le riempie le narici. Il soldato  è chino accanto a lei è la soccorre ma Zinaida Pavlovna con la vista appannata ne intravede soltanto il giovane profilo ed è felice. - " Lui è qui - pensa - non se ne è andato, mi aspettava, tra poco mi porterà via con se, il suo mantello   è caldo, i suoi stivali sanno di buono, dolce   è il tintinnio della sua sciabola." In strada si fa più chiaro ma lei ormai  è dentro al crepuscolo, le ombre si addensano intorno al suo gracile corpo. Ha sonno, dopo tanti anni sente nuovamente un gran bisogno di dormire, chiude gli occhi e ascolta, ascolta lo scalpicciò del cavallo, sente il fiato caldo della bestia e ancora l'odore di buon cuoio. La sciabola tintinna mentre Nikolaj Ivanovic si piega sulla sella e le porge la mano per aiutarla a salire e lei sorride, sorride nei suoi vent'anni ritrovati e leggera si solleva dalla poltiglia della strada senza fatica, già il braccio cinge la vita del cavaliere e la guancia si adagia sulla spalla. - "Stringiti forte, mia dolce signora, la strada  è lunga e farà freddo." Ma Zinaida Pavlovna non ha più timori, con l'ultimo sorriso ghiacciato sulle labbra stringe il braccio del soldato che lentamente si libera da quelle dita rigide e le chiude gli occhi con la pietà d'un figlio.

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