Libertà
Gianni Vannini
"La libertà senza uguaglianza non è altro che l'arbitrio del più forte". E ancora: "la mia libertà finisce dove comincia la tua". In queste due celebri frasi si concentra un livello tale di profondità e di verità da far venire la tentazione di considerare, con esse, chiuso l'argomento. Il termine "libero", d'altra parte, subisce di questi tempi tanti e tali abusi da rendere necessario un approfondimento. Il cosiddetto "mondo libero" (come vengono sbrigativamente definite le democrazie occidentali ) mena gran vanto, rispetto agli "stati canaglia", della propria capacità di garantire alcune libertà fondamentali: quelle d'opinione, di espressione, di stampa, di associazione, di culto e simili. Il punto è che tutti questi diritti sono garantiti nella misura in cui chi ne usufruisce acconsenta più o meno esplicitamente a riconoscerne l'inutilità. Facciamo un semplice esempio: posso pensare e dire quello che voglio ma a condizione che lo stesso diritto sia riconosciuto a chiunque altro, fosse anche il più bieco, spietato, razzista degli individui. Si richiede, in pratica, una sorta di "patto scellerato" tra gli individui che ha come conseguenza una vera e propria desostanzalizzazione delle opinioni, privandole al momento stesso in cui vengono espresse di ogni pretesa di verità: sia tu che io possiamo dire quello che ci pare tanto sappiamo benissimo entrambi che le nostre affermazioni non hanno alcun valore. Basta assistere ad un qualunque talk-show politico ( e la televisione ce ne propina in quantità industriale ) per accorgersi che, ancorchè ci troviamo di fronte a opinionisti di professione, chiunque di loro può permettersi di dire qualsiasi cosa ( anche palesemente falsa ), può persino smentire una propria frase detta pochi secondi prima ( "chi? io? non l'ho mai detto" ) senza correre il rischio di essere, per questo, messo alla berlina: roba da far venire nostalgia delle "tribune politiche" degli anni '60 e '70. Questo trionfo del relativismo, contrabbandato come "la fine delle ideologie", si traduce tout court nella fine delle idee. La conclusione che si può trarre, dunque, è che (in parole povere o, più appropriatamente, "in soldoni" ) l'unica libertà che la società occidentale è interessata a garantire è la libertà d'impresa. Quello che viene raccontato ai nostri ragazzi, fin dalla più tenera età, è: vivete nel mondo delle opportunità, basta un po' d'iniziativa e l'idea giusta ed ecco che chiunque può diventare "un uomo arrivato" ( leggasi ricco sfondato ). Peccato che il sottotesto di questo concetto sia: se non ci riesci è solo colpa tua, sei tu che non sei all'altezza, che non hai saputo cogliere l'occasione, che sei un perdente. Il mondo allora risulta diviso tra persone giuste e persone sbagliate e non ci può essere nè tempo nè modo di fermarsi ad aspettare chi rimane indietro: nessuno spazio per la solidarietà, al massimo per un po' di beneficenza, il mezzo più sicuro per cancellare i sensi di colpa dei vincenti e per renderli, se possibile, ancora più popolari nell'affollato mondo dei perdenti.