Un custode perfetto

Gabriele Poli

A Debora con gratitudine, senza di lei non lo avrei mai scritto.

Non ho ancora capito perché quella sera di molti anni fa, forse per un moto irrefrenabile del cuore, attraversai lentamente la sala del vecchio caffè per venire a sedermi esattamente di fronte al tuo bel viso. Ricordo lo sforzo che facesti per frenare il pianto, per diradare la nebbia in cui ti eri rifugiata prima di abbandonare il tuo sguardo al mio sguardo. Non ho ancora capito perché ti sussurrai parole che forse nessuno sarebbe riuscito a dirti: qualcosa circa la sofferenza che la vita a volte ci impone, mescolato con ali invisibili possedute da alcuni per la custodia di altri. Non sorridesti, ne' pronunciasti una sola parola, ma fu proprio il tuo silenzio a segnare per sempre le nostre vite. E se oggi ti sopravvivo e' solo per quel tuo ultimo scherzo osceno, ma ti ho già perdonata. A te ho sempre perdonato tutto. Passammo molte ore in quell'angolo del vecchio caffè. Ricordo la prima volta che ho sentito la tua voce: era esattamente come l'avevo immaginata. È difficile imprimersi nella memoria una voce, me ne rendo conto oggi che sono qui per dare un ordine a questo commiato. Nella tua vita entrai di soppiatto come da una porta socchiusa e te fingesti di non accorgertene. Certo non era facile capire quelle attenzioni che ti manifestavo senza chiedere niente. Pensavi che un uomo può mostrarsi pieno di amorosa tenerezza in una maniera soltanto, ma io era un'altra cosa. E a quella cosa finisti con l'affidare tutte le paure e le angosce che la smisurata voglia di vivere ti trasmetteva. Nella stagione dei tuoi molti amori vidi giorni felici e lunghi silenzi: quando diventavi impenetrabile e nemmeno la mia infinita dolcezza aveva più alcun potere. Poi incominciarono quelle piccole alterazioni che mi fecero tremare. E quando fosti consapevole di avere imboccato una strada senza ritorno, sistematicamente provasti a liberarti di me, ma io che ero entrato di soppiatto nella tua vita, avevo ormai spalancato la porta perché le ali non si impigliassero. Così quando ormai la tua mente si stava allontanando, trovasti la forza per quel gesto che decretava il mio compito estremo: una carezza che fu un'implorazione senza vie di scampo. Vedo ancora la tua mano cercare il mio viso nell'ombra, sento il tuo tremito sulla guancia, e poi quel gridarti che non ero pronto, che non potevi chiedermi tanto. Scivolasti lentamente nell'oblio. Le maglie della tua esistenza, i legami del sangue e della cuore seppero solo manifestare pietà, ma te non sapevi che fartene del loro piangersi addosso. Io me ne restai nell'ombra sperando di vederti riemergere dall'oblio, ma quando incominciasti a soffrire compresi che la porta si era richiusa per sempre alle nostre spalle. Ricordo ancora la gentilezza del commesso nel consigliarmi il cuscino più soffice: aveva una federa di un rosa tenue dove erano ricamate delle piccole margherite di campo. Lo portai a casa in quella scatola ridicola e infiocchettata perché avevo detto che si trattava di un regalo. L'ultima sera sono venuto a trovarti che stavi riposando: eri invecchiata, dimagrita, impaurita, ma in fondo avevi ancora il bel viso della tua disperata giovinezza. Posai la scatola ai piedi del letto: avevo soltanto un quarto d'ora. Rimasi sorpreso da come seppi rinunciare a tutte le piccole amorose attenzioni che sempre ti riservavo. Non fu facile comunque dirti addio. Sul comodino c'era una povera rosa appassita: aveva il colore molto simile al sangue rappreso. La guardai con tenerezza per tutta l'eternita' in cui tenni premuto il cuscino sul tuo volto. Non ti ribellasti e te ne sono grato. Quando fui certo che eri scivolata per sempre oltre la soglia, ti adagiai la testa sul guanciale e rimasi a vegliarti finché l'infermiera non mi prese il braccio per dirmi che dovevo uscire. Oggi sono qui a chiedermi se un amico, anche grande, lo avrebbe fatto. Non credo. Come non lo avrebbe fatto il marito o l'amante. Ci voleva qualcuno che pur adorandoti avesse la padronanza assoluta dei propri sentimenti: un predestinato. Ma adesso chi si prenderà cura della mia disperazione? Pensa che non ho ancora versato una lacrima. Eppure credo di averti amata più di ogni altra cosa al mondo, ma te non avresti sopportato di vedermi piangere ed anche in questo, forse, sono stato il tuo custode perfetto.


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